DataGli effetti psicologici del Covid-19: “Impariamo a visualizzare”…

Advertisement

“La pandemia ci ha unito, ci ha fatto sentire appartenere a una stessa condizione ma ci ha anche diviso, ha esasperato le diseguaglianze”.

Massimo Recalcati

Una pandemia simile a quella del Covid 19 sta invadendo le nostre vite. È quella della salute mentale, dell’equilibrio psichico, che sta cedendo il passo a psicosi, angoscia, senso di impotenza. Sentimenti che ci impediscono di progettare, viviamo in un costante equilibrio precario. Siamo incollati sul presente. Non parliamo dell’hic et nunc, del saper assaporare ogni singolo momento, ma di assenza di una visione, di una prospettiva, che ci obbliga a ripensare la nostra vita. La vulnerabilità non è solo una sensazione che percepiamo nell’aria, arrivano anche i primi dati. Negli Stati Uniti i disturbi psichici sono aumentati di sette volte, mentre in Italia la popolazione con sintomi depressivi è passata dal 6% del periodo pre-Covid a quasi il 30%. Secondo una ricerca Eurodap/Adnkronos Salute, il 78% degli italiani è in preda all’ansia e prova un senso di oppressione. Il 68% è spaventato dall’idea di uscire di casa, il 61% ha il timore che la quarantena venga protratta in modo indefinito. Le fasce più colpite sono le donne, che hanno subito in maniera ancora più forte il disagio di sostenere vita professionale e privata, senza alcun tipo di sostegno. Così come gli adolescenti, a causa del totale annullamento della vita sociale, nessuna interazione né contatto fisico. Come spiega Bessel Van Der Kolk, psichiatra, fondatore e direttore del Trauma Center di Boston: “Potrebbe preparare il terreno allo sviluppo di un trauma psicologico, poiché coinvolge diversi aspetti centrali della nostra vita. Mi riferisco alla salute minacciata dalla malattia, alla paura di perdere i nostri cari, il lavoro o il benessere economico.

L’amore ai tempi del Covid

C’è anche l’enorme costo psicologico del vivere rinchiusi in casa e separati dagli altri”. Aspetto che richiama un altro tema cardine: l’amore ai tempi del Coronavirus. In questo momento si vive in costante attesa, aspettando di poter rivedere la persona amata o magari per i single, di incontrarla anche a distanza (usando strumenti virtuali). Come afferma lo psicanalista Massimo Recalcati “La pandemia ci ha unito, ci ha fatto sentire appartenere a una stessa condizione ma ci ha anche diviso, ha esasperato le diseguaglianze”. Nell’Italia della seconda ondata, tra zone rosse, coprifuoco e limitazioni varie, c’è chi si preoccupa di dove andranno a finire le sue relazioni amorose e che fine farà il desiderio verso l’altro. “La distanza non cancella il desiderio, ma semmai lo rafforza. È l’eccessiva prossimità che corre più rischi di cancellare il desiderio. I poeti lo insegnano”.

La perdita dei luoghi fisici

Il nostro sentire ha il potere di valicare i confini spazio temporali, ma è anche vero che la dimensione fisica ci aiuta a definire il nostro essere nel mondo. Gli effetti del Covid sulla nostra psiche riguardano soprattutto un senso costante di ansia, e insicurezza. Siamo confinanti in uno spazio delimitato, senza più avere la possibilità di vivere i diversi luoghi a cui eravamo abituati e che definivano anche i nostri diversi ruoli. Una ricerca della neuroscienza condotta da May-Britt Moser e Edvard I. Moser, (vincitore del Premio Nobel per la Medicina del 2014), analizza due tipi di neuroni nel nostro cervello “place cells” e “border cells” e come questi si attivano quando si occupano determinati spazi. Definiamo la nostra memoria e i ricordi delle persone a seconda dei luoghi che frequentiamo. Siamo studenti perché andiamo a scuola, siamo lavoratori perché andiamo in azienda, etc. Eliminando lo spazio fisico di riferimento, rimuoviamo anche il nostro senso di appartenenza. Non siamo più parte di una comunità. Questo genera in tutti noi un senso di spaesamento e demotivazione.

Creiamo una realtà con la tecnologia

Dovremmo imparare a vivere in una dimensione parallela. Che non vuol dire eliminare la dimensione fisica, al contrario continuare a sollecitare le nostre emozioni (fisiche) grazie a una dimensione virtuale. Se non possiamo spostarci fisicamente, dovremmo imparare a farlo con il pensiero. I paradigmi del nostro cervello lo consentono, la modalità in cui recepiamo il reale può essere simulato dalla tecnologia. All’interno dei percorsi immersivi, grazie ad un approccio sensoriale, si crea un modello interno (simulazione) che incoraggia un tipo di apprendimento predittivo (experiential learning) e stimola il nostro vivere senza timore di sbagliare.

Pensiamo a come un video 360 in VR ci catapulta in una visione totalizzante, un approccio diretto all’azione. Anche l’evoluzione dell’hardware va in questa direzione. Lo conferma, l’uscita di Oculus Quest 2 prodotto da Facebook, un dispositivo leggero, usabile, che grazie all’hand tracking (senza controller) facilita l’interazione e l’azione.

 

Terapie che aiutano a visualizzare

Dovremmo imparare a parlare anche di come si cura un disagio psichico. Di come tutto quello che stiamo vivendo oggi avrà gravi conseguenze sul nostro stato mentale. Dovremmo incentivare la visualizzazione.

Impariamo a dare corpo anche ai nostri stati emotivi. Una delle terapie di cui sicuramente sentiremo parlare è il neurofeedback. Ovvero si visualizza su un monitor la propria attività elettroencefalografica in tempo reale. Come un videogioco. A proposito di immersione, un esperimento concreto è stato realizzato proprio in Italia, si tratta de “Il Giardino Segreto”, un video di 10 minuti all’interno del Progetto Covid Feel Good, disegnato per combattere stress e ansia provocati dal Coronavirus.

Sviluppato dai ricercatori dell’Istituto Auxologico italiano, dall’Università Cattolica di Milano e dalla start up Become-Hub. Partito in Italia a fine marzo, il protocollo ha avuto successo negli Usa, dove ha raccolto migliaia di partecipanti. Tradotto in diverse lingue (tra cui italiano, inglese, spagnolo, portoghese, coreano, francese, catalano) si sta diffondendo in base all’espansione della pandemia. Il professor Riva afferma «Adesso lo stanno utilizzando molto in Brasile e Argentina e purtroppo di nuovo in Corea. Per fortuna il protocollo non riduce solo lo stress ma, nei casi in cui il soggetto resta come congelato dal blocco psicologico, aiuta a trovare una via d’uscita».

La tecnologia non sostituisce in alcun modo il reale, né ci rende meno propensi a viverlo, al contrario questo esperimento, così come altri, ci può aiutare a comprendere e interiorizzare le nostre emozioni. Una finestra sul nostro mondo interiore, una grande opportunità per gli esseri umani che decideremo di essere domani.

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.