DataExpo 2015, proiettiamoci nel futuro alla ricerca di una “food experience”

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Padiglione Austria, Giappone e Azerbaijan insegnano. Ma il @Pad_Ita2015...

Nei primi due mesi dell’Esposizione universale registrati 6,1 milioni di accessi di cui il 15 per cento con biglietto serale. Il Padiglione Zero ha 20 mila visitatori al giorno.

Il nostro viaggio, anzi direi corsa per visitare Expo 2015 è iniziato in una calda, afosa giornata di fine agosto. Il giorno prima raccolgo informazioni, leggo le diverse opinioni in Rete in merito ai padiglioni e cerco di creare il mio percorso. Chissà quante novità scoprirò…chissà come il nostro Bel Paese sarà stato capace di affrontare questa sfida. Arrivo ai tornelli con un desiderio immane di conoscere. Esatto. Proprio la conoscenza è la regola madre, quella che mi spinge ad affrontare caldo e file interminabili, la possibilità di acquisire informazioni e di poterle condividere con tutto il mondo.

Padiglione Zero: la conoscenza è il motore

La mia visita inizia dal Padiglione Zero, anche perché essendo il primo che incontri all’ingresso è quello a cui tutti cercano di non mancare. “Divinus halitus terrae”, cioè “il respiro divino della terra” è la scritta che si trova all’ingresso e ad iniziare la visita c’è una grande biblioteca in legno che accoglie il visitatore e lo immerge in quello che è il mood dell’intero percorso, ovvero la conoscenza come fonte di ricchezza. Solo partendo dal sapere l’uomo può raggiungere un perfetto equilibrio, e vivere in armonia con la natura e tutti gli essere viventi esistenti sul Pianeta. Un punto di vista interessante, coinvolgente che mi spinge ad andare oltre e continuare il mio viaggio.

foto di @micheladin

Padiglione Angola: la ricchezza dell’Africa

Mi colpisce per i suoi colori, i suoni e le voci incantevoli, tutti elementi che inondano lo spazio dedicato all’Angola. Quando pensiamo all’Africa non possiamo fare a meno di associarla a difficoltà, povertà, sofferenza. Eppure l’Angola è in controtendenza e lo fa sapere al mondo intero. E direi la ricchezza e la bellezza di questo Paese esplodono appena varchi la soglia del padiglione, quando uno spettacolo di colori e di volti femminili ti accolgono. Sono le donne con le loro storie che riempiono lo spazio e che rendono evidente un concetto molto forte: l’emancipazione della donna e la sua abilità in qualsiasi campo. Il viaggio culmina con una splendida vista dal terrazzo più alto di Expo.

foto by @leomaurie

Azerbaijan e Austria: la visita è interattiva

Ribattezzato “the jewel”, il gioiello, realizzato con vetro, acciaio e legno, il #PadiglioneAzerbaijan è ricco di contenuti, un vero e proprio viaggio attraverso la percezione del futuro per un popolo, partendo dalla creatività. Il visitatore può accarezzare campi di fiori che si illuminano e ascoltare la voce di chi contribuisce al futuro del proprio paese, arte, musica e giochi interattivi rendono la visita unica. Un grande investimento in tecnologie digitali, interattive e olografiche; che per il visitatore si traducono in giochi interattivi, la scoperta della musica tradizionale e il viaggio virtuale in nave elicottero o a piedi attraverso i diversi luoghi dell’Arzerbaijian. Un dialogo diretto con lo spettatore.

Ma il futuro del cibo sta anche nella differente percezione dell’ambiente. Proprio questo è il concept del padiglione Austria, che per me ha vinto. Partecipare ad un’esposizione Universale non implica ostentare le proprie ricchezze e bellezze artistiche, ma valorizzare le unicità, ciò che rende un Paese diverso dagli altri. Proprio quello che ha fatto l’Austria, immergendoci in un bosco, ci sono 5 gradi in meno rispetto all’esterno. 62,5 chilogrammi di ossigeno all’ora. Piante e scritte a LED, come “Nature Reloaded” (“La natura si ricarica”) e “We Grow Air” (“Noi produciamo aria”) creano un connubio unico tra visitatori e ambiente. E non c’è bisogno di aggiungere altro. L’idea del futuro è raccontata attraverso un messaggio chiaro, immediato, interattivo..

foto by @leomaurie

Durante la mia visita non ho fatto altro che sentire profumi, immergermi in un’atmosfera inebriante di integrazione e multiculturalità. Cosa mi porto a casa? Un gran desiderio di visitare l’Angola, un paese a cui non avevo mai pensato prima. Perché? Un Paese che si racconta con una tale umiltà pur avendo ricchezze infinite, merita la nostra attenzione. Insieme all’Austria sono stati due paesi capaci di raccontare un sentire, il progresso del presente e le ambizioni e il sogno del futuro che possono avvenire solo nel racconto di sé stessi attraverso i propri valori e la propria essenza.

Sicuramente durante tutta la mia visita ho sempre pensato all’Italia, in particolare alla città di Milano, la mia città, quella che sta ospitando un’esposizione universale, quella che è troppo poco conosciuta nel mondo se non per il Duomo. Con questa emozione mi sono avvicinata al Padiglione Italia, accettando anche un’attesa di circa due ore, una fila chilometrica che non faceva altro che confermare le mie speranze e la mia curiosità. Bene allora aspetto, attendo facendomi avvolgere da questa immensa struttura di colore bianco, ispirata ad una “foresta urbana”. L’intera superficie esterna di Palazzo Italia, in cemento “i.active BIODYNAMIC” con principio attivo TX Active brevettato da Italcementi, è costituita da oltre 700 pannelli tutti diversi tra loro ingegnerizzati da Styl-Comp. A contatto con la luce del sole, il principio presente nel materiale consente di “catturare” alcuni inquinanti presenti nell’aria trasformandoli in sali inerti e contribuendo così a liberare l’atmosfera dallo smog. I materiali e il concept sono assolutamente innovativi e fanno ben sperare. Soprattutto quando entriamo nella prima sala, dedicata interamente agli imprenditori italiani, a coloro che sono stati capaci di innovare e che non hanno mollato davanti alle difficoltà. Il mio senso patriottico aumenta! Ma a questo punto inizia la totale disillusione, nelle altre sale ritroviamo solo proiezioni di video, l’esibizione dei bei posti e poi tutti disastri, terremoti, ricostruzioni e infine la speranza del futuro. Qual è il modo più banale per rappresentare il futuro? I bambini!

foto by @leomaurie

Mi sono ritrovata all’uscita con un senso di angoscia e tristezza. Ma questo è il Paese in cui vivo? Un Paese che si crogiola sul passato, che parla di ricostruzione di fronte a calamità naturali e che non riesce minimamente ad approfittare di un’occasione unica e irripetibile come l’Expo per raccontare cosa vuol dire nascere in Italia, respirare sin da piccoli l’odore di limoni di Sorrento, i colori dei territori toscani, il gusto del vino e soprattutto il modo di proiettarsi nel futuro. Quel futuro che un Paese famoso in tutto il mondo per il suo cibo dovrebbe quantomeno raccontare… E inoltre un’occasione unica mancata per la città di Milano.. Dov’è Milano nel Padiglione Italia? Dove si racconta al mondo intero che Milano non è solo moda, ma anche cultura del cibo e multiculturalità, innovazione e tradizione..

Insomma giro le spalle all’albero della vita e riprendo il mio percorso, mi dirigo verso l’uscita con un enorme rammarico, e con le immagini e i racconti di paesi come l’Angola, L’Azerbaijan e l’Austria , loro si che hanno saputo cogliere un’occasione unica come quella di Expo 2015. E a noi italiani non rimane che ammirare la faccia del progresso, come prende forma nei diversi paesi del mondo e come da noi continua a rimanere sepolto sotto le macerie del passato.

 

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

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