Data“Dona un neurone a un hater”.. e un regolamento più efficace a Facebook..

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La storia di cui parliamo è spiacevole, ma anche banale, quantomeno sempre più comune.. Solo che questa volta in gioco c’è un’atleta paraolimpica. Bebe Vio. Una ragazza fuori dal comune, coraggiosa, una combattente, capace di affrontare la vita sempre a testa alta. L’altro attore in gioco è Facebook, il colosso mondiale che continua a inglobare il mercato, a ingerire qualsiasi tipo di servizio (vedi what’s app e Instagram)… e che quando non può comprare, copia (stories è un autentico plagio di Snapchat ). Lo stesso Facebook fondato e guidato da Zuckeberg, che negli ultimi giorni ha lanciato un vero e proprio manifesto politico.

La pagina contro Bebe Vio

Mentre c’è questa rincorsa all’ultima tendenza e al controllo del mercato digital, su Facebook si consuma la vita sociale di molte persone. Quelle che trascorrono intere giornate a condividere spasmodicamente (a volte nemmeno sanno cosa.. pensiamo a NAPALM51 il personaggio creato da Crozza), a osservare in maniera ossessiva compulsiva cosa fanno gli altri.

Nel frattempo nascono pagine nuove come funghi, su ogni tipo di attività, passione, ma anche e soprattutto contro qualcuno o qualcosa. Il bisogno intenso e profondo di manifestare e condividere il proprio odio. E così è successo proprio a Bebe Vio, che è stata minacciata di violenza sessuale su una pagina facebook creata contro di lei. Quante volte ha dovuto segnalare la pagina prima che venisse rimossa? Tante, troppe. E cosa hanno risposto da Facebook? La pagina rispetta gli standard. Lo fa presente il Codacons in una denuncia contro il social network. Tanti utenti avevano già segnalato la pagina, ricevendo sempre la stessa risposta. Ma davvero Facebook pensava che una pagina dove si incita alla violenza sessuale su una donna, rispettasse gli standard della community più grande al mondo? La risposta è semplice.. No. Il punto è che per alcune attività occorrono ancora le persone e non gli algoritmi, persone che valutano, analizzano e poi fanno delle scelte. Non un risponditore automatico che probabilmente nemmeno aveva controllato la pagina prima di emettere la sua sentenza. L’unico motivo per cui oggi stiamo parlando di quanto accaduto, è che in ballo c’è Bebe Vio, una ragazza nota, coraggiosa, un simbolo per tutti. E allora in questo caso bisogna fare un passo indietro, o quantomeno farsi qualche domanda. È possibile gestire una community mondiale, senza preoccuparsi di tutelare chi ne fa parte. Forse la democrazia della rete implica la totale deriva di contenuti e valori condivisi?

“Dona un neurone a un hater”.. La Campagna di Ale Cattelan e Bebe Vio

E oltre a questa tematica sorge l’altro grande dilemma: ma chi sono gli haters? Persone che si nascondo dietro un device e che trascorrono il loro tempo a denigrare, o forse semplicemente a cercare consenso. Probabilmente dietro la pagina nata su Bebe Vio c’era un obiettivo molto più banale: raccogliere likes. Quanti più like e followers riesco a portare sulla mia pagina più mi sento potente, forse avverto finalmente la mia presenza nel mondo. E in effetti come si può rispondere agli haters se non con l’ironia. Proprio quella che hanno usato Bebe Vio e Alessandro Cattelan, lanciando la campagna “Dona un neurone a un hater”. “Sono persone che nascono con qualcosa in meno: sono gli odiatori del web, gli hater. Aiuta un hater: se gliene doni uno, avrai già raddoppiato il numero dei suoi neuroni” dice Cattelan. Lanciando gli hashtag ufficiali della campagna #epccdonaunneurone #epcc

E non possiamo che condividere questo pensiero. Ancora più importante per chi come noi lavora nel settore digital, fare una netta distinzione tra chi riesce ad utilizzare i social e a sfruttarne tutte le opportunità comunicative e virali, e chi invece li utilizza come un’agorà, uno spazio virtuale in cui riempire le proprie giornate. Dipende sempre e comunque da chi c’è dietro un account. Che in ogni caso resta l’unico vero detentore del valore comunicativo dei social.
Anche perché Bebe Vio è un eroe, una ragazza che ha faticato per arrivare ai suoi risultati attuali. E i veri eroi sono quelli che faticano per raggiungere i propri obiettivi al netto dei like ricevuti.

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

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