IntervisteCollabobeat: il digital facilita il dialogo medico paziente

Advertisement

Soprattutto per le classi deboli è utile mantenere ancora un po’ quel filo diretto con chi si è preso cura di loro fino al giorno prima in ospedale.

Ogni volta che andiamo dal nostro medico ci troviamo di fronte a ricette incomprensibili, quante volte abbiamo pensato “Questa scrittura è illegibile”! E’ difficile ricordarsi esattamente le parole del medico quando si esce dal suo studio, oltre magari ad avere la necessità di condividere dubbi e perplessità. In effetti mi sono chiesta quale sia oggi il rapporto tra medici e tecnologia e navigando in rete ho scoperto Collabobeat. Mi ha incuriosita subito l’idea di un prodotto che facilitasse comunicazione e condivisione tra medico e paziente, e ho deciso di approfondire. Parliamo con il fondatore Floriano Bonfigli.

Com’è nata l’idea e quale bisogno primario avete individuato?

Non c’è stato un vero e proprio momento Eureka, piuttosto una serie di fattori che mi hanno convinto. Tutto parte da una mia esperienza professionale, ho lavorato per diversi anni in una multinazionale della sanità elettronica, gestendo la localizzazione e le prime implementazioni in Italia di una cartella clinica elettronica pensata per il mercato tedesco. Poi ho avuto un’esperienza personale che non smetto mai di ripetere: la prima volta che portai mia figlia dal pediatra, tornai a casa ed, interrogato da mia moglie, non ricordai nulla che andasse oltre la terapia di quei 20 minuti di visita. Poi lessi, tra i tanti, due articoli relativi a due ricerce scientifiche: la prima quantificava le informazioni dimenticate dal paziente durante una visita, fino all’80% e la seconda dimostrava che nel momento in cui il medico condivideva digitalmente le note di una visita con il paziente, si avevano benefici per entrambi. Da questo è stato spontaneo lanciare una startup la cui missione è aiutare i medici a condividere con i pazienti le note di una visita appena effettuata, con la visione che possa essere considerato in futuro un nuovo standard di cura.

Avete considerato che il target medico potrebbe essere non propenso all’uso della tecnologia legata alla professione?

Iniziando a parlare con i medici riguardo la nostra idea ci siamo resi conto che da questo punto di vista tende ad esserci una netta dicotomia: da una parte il medico che rifiuta la tecnologia e dall’altra il medico geek, sempre al passo con l’ultimo smartphone iPhone o Samsung. E’ ovvio pensare che i secondi saranno sempre di più, anche in vista di un cambio generazionale che per ragioni storiche sta avvenendo in Italia proprio in questo periodo.

Quali sono i vostri numeri attuali? Quanti effettivamente usano la piattaforma?

Attraverso il nostro sito, fino ad ora si sono registrati alla nostra piattaforma, come medico, oltre 50 utenti. Ma onestamente credo che il dato più rilevante sia che a poche settimane dal lancio del nostro servizio, siamo riusciti a suscitare l’interesse di un grosso ospedale, di quasi 1000 posti letto, che si sta concretizzando proprio in questi giorni. Nei prossimi 10 giorni, il nostro sistema sarà attivo all’interno di un suo reparto, in particolare quello di onco-ematologia pediatrica. In questo caso saranno l’equipe medica di reparto ed i genitori dei bambini ospedalizzati a dialogare a distanza attraverso la nostra piattaforma.

Quali sono stati i feedback che avete ricevuto da medici e pazienti che hanno usato il prodotto?

In maniera molto semplice e forse banale i medici del reparto sono ben felici di avere uno strumento snello dove poter scrivere ed inviare comunicazioni che fino ad oggi si perdevano al telefono senza lasciare traccia e senza nessuna certezza che dall’altra parte venissero recepite correttamente. Una dottoressa dello stesso ospedale e di un reparto che speriamo entrerà nella seconda fase di implementazione ci ha detto che non vede l’ora di utilizzarlo, ci ha infatti confessato:“Voi forse non immaginate che i nostri pazienti, quando vengono dimessi dal nostro reparto, ci chiedono l’amiciza su Facebook, per rimanere in contatto con noi nei giorni succcessivi la dimissione”.

Inutile negare le difficoltà del sistema sanitario in Italia sia per l’efficienza del servizio che per la sua democratizzazione. Il vostro prodotto potrebbe aiutare nell’incremento della qualità del servizio offerto dai medici?

Il nostro prodotto incrementa sicuramente il servizio offerto dai medici e prendendo spunto da ricerche su questi temi, a favorirne sono sopratutto le persone delle classi più deboli, quelle che ritornano a casa dopo la degenza e non hanno una rete familiare o di parenti e amici che li possa seguire opportunamente. Per loro sopratutto è utile mantenere ancora per un po’ quel filo diretto con chi si è preso cura di loro fino al giorno prima in ospedale.

Qual’è il vostro obiettivo principale, migliorare la relazione medico paziente o aiutare il processo di digitalizzazione del settore medico?

Il nostro obiettivo principale è che Collabobeat e il flusso di lavoro su cui si basa diventi lo standard in ogni stanza in giro per il mondo dove un medico visita un paziente. Non è difficile dimostrare che ciò migliorerà la relazione medico-paziente, il che significa che il medico lavorerà in maniera più tranquilla, sicura ed efficace ed il paziente si curerà prima e meglio.

Qual’è il vostro modello di business? Ci sono diverse fee per l’utilizzo del prodotto, ma avete pensato anche ad un’altra modalità di monetizzazione?

Il modello di business prevede che Collabobeat sia presentato non come un singolo prodotto ma un servizio a tutto tondo, dall’analisi preliminare al follow-up. Il cliente tipo è la struttura ospedaliera pubblica o privata di dimensioni medio-grandi, che abbia al suo interno un reparto ad elevata complessità con cui iniziare l’implementazione di  Collabobeat. Come abbiamo visto, onco-ematologia pediatrica è uno di questi, ma in genere tutti i reparti di pediatria dove i genitori di oggi ben sanno come utilizzare smartphone e tablet e sono più inclini a comunicare attraverso sistemi di messaggistica piuttosto che al telefono.

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.