VR & ARIl decreto Rilancio con una sorpresa: un fondo per chi sviluppa videogiochi

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Ciò che più ci interessa è che finalmente si inizia a considerare la dinamica del gioco, oltre l’ intrattenimento, una modalità concreta di apprendimento e relazione.

Finalmente è stato approvato il Decreto Rilancio, disponibile in Gazzetta Ufficiale, un documento che attendavamo tutti con grande ansia. Tra le diverse misure adottate siamo rimasti piacevolmente colpiti da il First Playable Fund. Un finanziamento a fondo perduto creato appositamente dal Ministero dello Sviluppo Economico per la produzione di videogiochi made in Italy, simile a fondi che esistono già in altri paesi come Canada, Danimarca, Francia, Germania, Polonia e Regno Unito. Finalmente si inizia a considerare la dinamica del gioco, oltre l’ intrattenimento, una modalità concreta di apprendimento e relazione.

Perché l’Italia investe sui videogiochi

Nel 2019 la Germania ha istituito il ‘Computerspieleförderung des Bundes’, un fondo finanziato con 50 milioni di euro; la Francia dal 2008 ha istituito il ‘Fonds d’aide au jeu vidéo’. Mentre nel 2018 l’88% delle imprese italiane dichiarava di sviluppare propri prodotti solo grazie a risorse personali. Allora perché proprio oggi l’Italia, in un momento di crisi senza precedenti, decide di investire nel mercato dei videogiochi?

Di sicuro i dati degli ultimi mesi sono rilevanti, in particolare Revolut, la fintech dei pagamenti via app, ha analizzato le spese di oltre 400.000 utenti italiani, facendo un confronto tra inizio pandemia e ultimo mese. E i dati confermano una crescita esponenziale in termini di transazioni verso prodotti come “Steam Games (+270%), Playstation (+188%) e Nintendo (+86%).

L’essere costretti a casa ha incentivato tante persone a ricercare momenti ludici, a inseguire istanti di evasione. Negli ultimi mesi il distacco è stato terapeutico per molti. Qualcosa è cambiato nella tendenza, nei numeri, ma aspetto ancor più interessante è mutata la percezione dell’industria videogames.

L’OMS lancia la campagna “Play apart Together”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2019 inseriva il “gaming disorder” nell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems, insieme ad altre patologie. Il videogioco veniva classificato come comportamento errato, condotta che crea dipendenza e soprattutto allontana dagli altri. Oggi nello scenario Covid-19 assistiamo a una totale inversione di rotta. L’OMS lancia Play Apart Together, un’iniziativa partita sui social con l’obiettivo di invitare le persone a restare a casa e rispettare le regole di distanziamento sociale. Inoltre, si promuove il videogioco come forma di intrattenimento utile durante il periodo di lockdown. I videogiochi, secondo l’OMS, garantiscono un potere terapeutico per i giocatori, non solo per la loro capacità di distrazione, ma anche perché permettono di rimanere in contatto con i propri amici nelle diverse modalità multiplayer online.

La campagna è stata sostenuta anche dalle principali aziende del settore videoludico e dai maggiori servizi di streaming tra cui Activision Blizzard, Amazon Appstore, Jam City, Riot Games, Snap Games, Twitch, YouTube e Zynga; che hanno rilanciato il messaggio attraverso eventi ed attività speciali nei giochi più popolari.

Non solo giocatori ma anche nuovi sviluppatori, si sta mandando un messaggio chiaro al mercato del futuro. Bisogna investire in questa industria e nelle risorse. Anche Unity, la crossing platform development engine, che consente lo sviluppo di games, contenuti interattivi e applicazioni complesse in 3d, ha partecipato alla campagna attraverso una serie di lezione gratuite messe a disposizione della community con l’obiettivo di imparare a sviluppare videogiochi. Partendo da zero.

L’intento di Unity, come si legge sul blog ufficiale, è quello di «creare consapevolezza e incentivare le persone a rimanere nelle loro case giocando – e creando – videogiochi»

Come funziona il fondo per i videogiochi in Italia

First Playable Fund punta a stimolare startup e sviluppatori a realizzare prototipi funzionanti di un videogame, supportando dunque le fasi di concezione, design e pre-produzione attraverso l’erogazione di un contributo a fondo perduto, corrispondente al 50% delle spese ammissibili.

Solo nel 2020, lo Stato prevede di mettere a disposizione 4 milioni di euro per supportare nuove idee e contribuire alla crescita del settore. Come si legge nel decreto:

“Il videogioco è un’opera complessa, che richiede un’ampia gamma di profili professionali altamente specializzati: game designer, programmatori, artisti, designer di interfacce, grafici 3D, grafici 2D, animatori, compositori, ingegneri del suono, tester, traduttori, doppiatori, ecc”, recita il decreto. “Il prototipo di un videogioco rappresenta la prima versione giocabile dell’opera, contenente le funzionalità di base e distintive del prodotto finito. È lo strumento attraverso il quale le imprese del settore possono presentare il loro progetto di sviluppo a editori e/o investitori per ottenere finanziamenti necessari per la successiva produzione del prodotto finale e per la sua distribuzione sul mercato internazionale”.

Il potere terapeutico e formativo dei videogiochi

Per dinamica del gioco intendiamo una modalità di relazione e comunicazione, che si unisce perfettamente alla dimensione immersiva. La realtà virtuale più di qualsiasi altra tecnologia incentiva il distanziamento oltre che una logica di apprendimento emotivo. Pensiamo ad alcuni format game come The Sims, che celebra il suo 20esimo anniversario. Grazie a un avatar personalizzato ritorniamo a socializzare. Molti hanno utilizzato l’avatar Sims per riconnettersi con amici e famiglia. Uno dei format più interessanti rimane Second Life. Lanciato nel 2003 da Linden Lab, il game ha puntato su spazi virtuali in un mondo 3D. E ora che le città sono in lockdown, Second Life potrebbe vivere una seconda stagione, come si legge dal loro sito: “Work safely from the comfort of your home, reduce travel time and cost, increase creativity and engage your audience with fun avatars and 3D environments”.

Che siano videogiochi realizzati in 3D, pensati per essere fruiti attraverso playstation o visore, che richiedano la creazione di un avatar per interagire, in ogni caso stiamo assistendo a nuove modalità formative e interattive, virtuali, ma inserite in un contesto reale. Considerazione che non può non far riflettere il nostro intero sistema educativo, che si tratti di scuola pubblica o privata, e anche le nostre aziende, in particolare nei momenti di training e upskilling. Chiunque voglia comunicare con il consumatore contemporaneo, deve quantomeno considerare questa una nuova predisposizione, un atteggiamento accogliente verso l’immaginario, un bisogno che nasce restando seduti sul divano di casa. Insomma allontaniamoci dal momento del consumo, concentriamoci sul contenuto, focalizziamo le nostre energie sulla creazione di percorsi immaginari, dove il contatto tra reale e virtuale, sta disegnando una nuova dimensione dell’apprendimento.

Michela Di Nuzzo

« Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire». - Fernando Pessoa Giornalista e co-founder, vivo il digital come imprenditrice e appassionata. Percepisco il cambiamento come un'opportunitá mai una minaccia. Occhi spalancati e orecchie aperte, sempre pronta alla condivisione, la chiave di ogni evoluzione.

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